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Recital pianistico

1 novembre
ore 19.00
Teatro Mancinelli

Filippo Gorini | pianoforte

Programma

Ludwig van Beethoven
Sonata op. 110

Federico Gardella
Sonata d’altura

Franz Schubert
Sonata D 960

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Note di sala

a cura di Giovannella Berardengo

Ludwig van Beethoven, Sonata op. 110 (1821)
Pubblicata nell’agosto del 1822, la Sonata op. 110 in La bemolle maggiore è parte di un ciclo di tre sonate che, insieme all’op. 109 e 111, Beethoven compose sul finire del 1821, di ritorno da un periodo di villeggiatura a Mödling. Manifestazione più autentica del suo intimismo, la sonata è un rifiorire di idee musicali espresse in un inarrestabile flusso di coscienza che esordisce proprio nel Moderato iniziale che il compositore suggerisce di eseguire “con amabilità”, quasi a rimarcare l’intenzione prima di ricreare un’atmosfera emotiva di essenzialità e delicatezza. L’assetto morfologico del movimento di apertura è una forma-sonata scevra da grandi contrapposizioni tematiche nella quale il materiale melodico scorre in libera successione e al quale è sotteso un coerente accompagnamento di accordi e arpeggi. Lo stile del tutto personale che caratterizza il componimento è altresì manifesto nella scelta di inserire nel secondo movimento, l’Allegro molto, una libera rielaborazione di due temi popolari austriaci di carattere umoristico; il secondo – in modo particolare – intitolato Ich bin lüderlich, du bist lüderlich ovvero “Io sono un cialtrone, tu sei un cialtrone”, si configurerebbe quasi come un’autoironica caricatura. Pochi ma intensi accordi di Adagio concludono la sezione dell’Arioso dolente, uno dei rari esempi in Beethoven di melodia astrofica enunciata sommessamente senza ripetizioni nel breve spazio di sedici misure. Infine il mite tema della fuga affiora, senza interrompere l’isoritmia, si disperde, lasciando spazio al ritorno dell’Arioso tragico e dolente, e finalmente si ripresenta, prima per moto contrario poi con moto retto, restituendo lo slancio festante della tonalità di La bemolle maggiore.

Federico Gardella, Sonata d’altura (2021)
Perché scrivere una “sonata”, oggi? Ho iniziato a comporre Sonata d’altura con in mente questo quesito. Scrivere una sonata, una sonata per pianoforte, per chi (come me) ha dedicato al pianoforte anni di studio ha certamente il sapore di un nostos, di un ritorno a casa da un lungo viaggio. Allo stesso tempo, però, scriverla oggi significa credere che la musica possa (ancora) dirsi attraverso la forma, sia (ancora) capace di trovare nelle sue radici il senso del proprio fiorire. Ma si tratta, qui, di una sonata “d’altura”, di una musica che abita luoghi impervi, liminali. Sono luoghi di confine, dialetti del suono in cui provare a scolpire non tanto una propria lingua, quanto una propria voce, come voleva Hofmannsthal. I due movimenti che compongono la sonata (Immobile, fulmineo e Precipitato) non sono antagonisti, sono al contrario costituiti dalla stessa materia, materia che, osservata da diversi punti di vista, prova a immaginarsi capace di parlare al silenzio con le parole del suo antico dialetto.
Federico Gardella

Franz Schubert, Sonata D 960 (1828)
L’autore della Sonata D 960, Franz Schubert, nasce in una Vienna segnata dalla forte eredità musicale lasciata da Haydn, Mozart e Beethoven. Trent’anni più giovane di quest’ultimo, gli sopravvivrà di un solo anno, morendo prematuramente a 31 anni. A differenza dei suoi predecessori classici e successori autori romantici, il giovane Franz non era una pianista concertista, aveva un livello tecnico strumentale non paragonabile ai suoi colleghi e la sua professione in tal senso era limitata all’accompagnamento dei Lieder. Pertanto non componeva la sua musica con la finalità di eseguirla in pubblico per dar sfoggio le sue abilità virtuosistiche, e prova ne dà il fatto che nella sua breve vita non si sia mai accostato alla composizione di concerti per pianoforte e orchestra. Tuttavia, nonostante la fatica ad inserirsi nell’ambiente viennese e gli insuccessi editoriali che coinvolsero la sua produzione sonatistica, nel 1828, a pochi mesi dalla sua scomparsa, portò a termine tre sonate per pianoforte dalle dimensioni monumentali: la D 958, la D 959 e la D 960, tutte in quattro movimenti e caratterizzate da un’espressività liederistica singolare, dal largo utilizzo del registro medio grave dello strumento, e da un quasi totale affrancamento dagli schemi beethoveniani. Il primo movimento della Sonata D 960, il Molto Moderato, si sviluppa su di un esteso cantabile connotato da languidezza e struggimento nello sviluppo dei soggetti melodici, tratto peculiare del linguaggio schubertiano, riflesso di una visione del mondo più spirituale rispetto a quella illuministica del compositore di Bonn che, tuttavia, una parte della critica musicologica ha interpretato come la dimostrazione di una plausibile difficoltà dell’autore di ritrovarsi nelle strutture classiche beethoveniane. L’Andante Sostenuto centrale è permeato da un’atmosfera essenziale e innocente dove il lirismo più puro trova la sua massima manifestazione, supportato dalla semplicità formale. Lo Scherzo, analogamente, evoca la stessa soavità evidenziata per contrasto dall’austerità del Trio. Il movimento conclusivo, l’Allegro ma non troppo estende, tramite una forma estremamente libera di Rondò, un tema di grande alacrità la cui armonia viene solo momentaneamente compromessa dalla frapposizione di brevi episodi di turbamento, segno, forse, di un’esitazione, di uno smarrimento, negli attimi che precedono la sua scomparsa. Questa Sonata, per la presenza di tutti gli elementi che contraddistinguono lo stile e la prassi compositiva schubertiana, si configurerebbe come il suo ultimo lascito, un testamento morale della sua produzione musicale.

Filippo Gorini

Vincitore del “Premio Abbiati”, prestigioso riconoscimento della critica musicale italiana, quale “miglior solista” dell’anno 2022, Filippo Gorini si afferma, a soli 27 anni, come uno dei più interessanti talenti della sua generazione. Dopo la vittoria nel 2015 al Concorso “Telekom-Beethoven” di Bonn (primo premio, con voto unanime della giuria, e due premi del pubblico), nel 2020 ha ricevuto il “Borletti Buitoni Trust Award”, con il sostegno del quale è in corso di realizzazione un progetto di approfondimento multidisciplinare sull’Arte della Fuga di Bach. Tra i principali impegni del 2022, il debutto con l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma, recital alla Konzerthaus di Vienna, al Concertgebouw di Amsterdam, al Teatro La Fenice di Venezia e, nel 2023, alla Wigmore Hall di Londra, al LAC di Lugano, al Teatro San Carlo di Napoli, oltre al ritorno al Festival Schubertiade in Austria, alla Playhouse di Vancouver, al Festival Bach di Montreal e al Festival di Marlboro negli Stati Uniti, su invito di Mitsuko Uchida. Gorini incide in esclusiva per Alpha Classics/Outhere: il suo terzo CD (Bach, Arte della Fuga), registrato presso il Teldex Studio di Berlino, e pubblicato nel 2021, ha ricevuto 5 stelle da Le Monde e dalla rivista francese Classica, e il Supersonic Award dalla rivista tedesca Pizzicato. Ugualmente acclamati dalla critica i due precedenti CD, nel 2017 le Variazioni Diabelli di Beethoven (Diapason d’Or, Supersonic Award Pizzicato, e 5 stelle da The Guardian, BBC Music Magazine e Le Monde) e nel 2020 le Sonate op.106 e op.111 di Beethoven. In prossima uscita nell’autunno 2022, i Concerti K271 e K414 di Mozart, con l’Orchestra del Mozarteum di Salisburgo (direttore Howard Griffiths). Negli anni precedenti, ha debuttato con consenso di pubblico e critica alla Elbphilharmonie di Amburgo, Herkulessaal di Monaco, Tonhalle di Zurigo, Konzerthaus di Berlino, Beethovenfest di Bonn, Fondation Louis Vuitton di Parigi, negli Stati Uniti (Seattle e Portland) e in Canada (Vancouver). In Italia si è esibito per la Società del Quartetto di Milano, gli Amici della Musica di Firenze, il Festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo, l’Accademia Filarmonica Romana, l’Unione Musicale di Torino, la GOG di Genova, la Filarmonica di Trento (dove è stato “artist in residence”), Ravenna Festival, Mito Settembre Musica, Ravello Festival. Ha collaborato con l’Orchestra del Mozarteum di Salisburgo, la Symfonieorkest Vlaanderen, la Klassische Philharmonie di Bonn, l’Orchestra Verdi di Milano, l’Orchestra di Padova e del Veneto, l’Orchestra Sinfonica Siciliana, l’Orchestra Sinfonica del Lichtenstein, la Filarmonica Slovacca, l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, l’Orchestra Leonore di Pistoia. Diplomatosi al Conservatorio “G.Donizetti” di Bergamo con lode e menzione d’onore sotto la guida di Maria Grazia Bellocchio, si è perfezionato presso il “Mozarteum” di Salisburgo con Pavel Gililov, al quale si aggiunge il prezioso consiglio di Alfred Brendel.  Nel 2016 ha partecipato al progetto dell’Accademia di Kronberg “Chamber music connects the world”, dove ha collaborato con il violoncellista Steven Isserlis, che lo ha successivamente invitato al festival di musica da camera di Prussia Cove in Inghilterra. Tra gli altri premi vinti spiccano il Premio “Una vita nella musica – Giovani” 2018, assegnato dal Teatro La Fenice di Venezia, il “Beethoven-Ring” conferito dall’associazione “Cittadini per Beethoven” di Bonn (2016), il premio del Festival “Young Euro Classic” di Berlino (2016) e il primo premio al Concorso “Neuhaus” del Conservatorio di Mosca (2013). È stato lodato da Andrei Gavrilov come “un musicista con una combinazione di qualità artistiche rare: intelletto, temperamento, ottima memoria, immaginazione vivida e grande controllo”.

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